La
credibilità del Cristianesimo
Commento ai
due video di don Manuel e Sapiens Sapiens
PREMESSA
In questo
blog e sui social, pur essendo personalmente un credente, evito di
fare apologia, e adotto un atteggiamento equilibrato nei confronti
del tema di Dio e del cristianesimo. Non nascondo le mie convinzioni
personali e intervengo di tanto in tanto per chiarire alcuni concetti
religiosi spesso trattati superficialmente sul web. Tuttavia, il mio
intento si limita a questo: sui social sono presente come
"Mentalmente Liberi" per informare sul geovismo e le sue
criticità. Il mio pubblico è composto sia da credenti che da non
credenti, e tutti meritano rispetto. Allora
perché questo articolo? Sollecitato
più volte, mi è stato chiesto cosa ne pensassi. Non esito dunque
a rispondere almeno
su alcune questioni e
credo che farlo
pubblicamente possa
essere un contributo tra gli altri su questo tema. Non ho intenzioni
apologetiche, non mi interessa convincere nessuno. Ciò
che segue è e resta la mia opinione, come
daltronde ognuno esprime
il suo punto di vista, i tempi delle “verità” imposte è
passato,
ci ho vissuto 13 anni dentro, e non mi interessano più.
INTRODUZIONE
Nel
dibattito contemporaneo sulla religione, il confronto tra credenti e
non credenti è frequente. Uno degli argomenti più accesi riguarda
la veridicità storica e teologica del Cristianesimo. Recentemente,
in un video sul suo canale, Sapiens Sapiens, giovane youtuber
ex-cattolico, ha criticato con forza le affermazioni di Don Manuel ,
un sacerdote che ha difeso il Cristianesimo dalle critiche mosse dal
noto studioso Bart Ehrman. In questo articolo esaminerò
sinteticamente le critiche di Sapiens Sapiens. In fondo troverete il
link a entrambi i video, quello di don Manuel e quello di Sapiens
Sapiens, così che possiate farvi la vostra personale opinione
LA DIVINITA DI GESU’
Sapiens
Sapiens inizia il suo video esprimendo rispetto per Don Manuel,
riconoscendone il coraggio di esporsi pubblicamente sui social e di
affrontare critiche con onestà e apertura. Questo riconoscimento è
importante, poiché mostra un approccio dialettico rispettoso,
fondamentale per un dialogo costruttivo Il video prosegue con la
presentazione del libro di Bart Ehrman "Come Gesù diventò
Dio", una delle opere più critiche nei confronti della divinità
di Gesù. Ehrman, ex cristiano diventato agnostico, sostiene che la
fede in Gesù come Dio sia emersa gradualmente e non abbia solide basi
storiche. Descrive il processo di deificazione come un'evoluzione
culturale e teologica più che una verità storica. Ehrman argomenta
che la fede in Gesù come Dio non è supportata da evidenze storiche
e che la resurrezione, pilastro del Cristianesimo, non può essere
dimostrata storicamente. Queste critiche sono alla base delle
obiezioni di Sapiens Sapiens, che ritiene l'approccio di Don Manuel
apologetico e privo di rigore scientifico.

Sapiens Sapiens critica la
certezza delle testimonianze dei primi cristiani:
"Gli
apologeti... devono considerare che la testimonianza dei primi
cristiani potrebbe non essere così certa o attendibile".
Ogni
scritto va esaminato con spirito critico, non c’è dubbio, dove per
critica intendo l’analisi attenta di qualcosa. E sebbene
l’obbiettività perfetta non esista, perché chi esamina
inevitabilmente ci mette del suo, possiamo tentare di essere più
onesti intellettualmente possibile. L’esame critico quindi non solo
non è da disprezzare, ma al contrario è una esigenza che la verità
richiede, almeno nei limiti del possibile. So che per molti questo è
ovvio, ma se lo dico è perché, invece, per molti non lo è. C’è
chi considera la critica un esercizio di demolizione e basta, ma io
non la vedo così. Riguardo alle testimonianze dei primi cristiani,
ritengo siano fondamentali non solo per il loro contenuto, ma anche
per il contesto in cui sono state date. Molti dei primi testimoni,
come gli apostoli, hanno subito martirio per la loro fede. È
difficile sostenere che un numero così significativo di persone
fosse disposto a morire per qualcosa che sapevano essere falso. Non
credo all’ “invenzione” (termine spesso usato, ma lo trovo
fazioso, preferisco “elaborazione”) né tanto meno alla malafede.
Inoltre, la trasmissione dei Vangeli e delle lettere apostoliche è
stata effettuata con grande cura e rispetto per il testo originale,
come dimostrato dai manoscritti antichi. Riguardo al fatto che la
fede in Gesù come Dio sia emersa gradualmente, su questo concordo,
solo nel Vangelo di Giovanni troviamo questa fede sviluppata a
differenza che nei sinottici e in Paolo, dove Gesù è certamente
“divino” ma non necessariamente “Dio”. Ma questo è un dato
acquisito, almeno a livello accademico, certamente lo è meno a
livello popolare. Non è sbagliato precisarlo. Su questo ha
egregiamente parlato il prof. Boccaccini, che a differenza mia è un
accademico e un esperto apprezzato da molti. Questi i link delle due
lezioni visionabili su youtube dove egli ha trattato proprio questo
argomento:
Parte 1
https://www.youtube.com/watch?v=JT_l9V5EMwA&t=508s
Parte 2
https://www.youtube.com/watch?v=JwHbhjKTlU4&t=3771s
LA
RISURREZIONE
Sapiens Sapiens cita Ehrman
dicendo:
“lo storico
non può ne affermare né negare la risurrezione”.
In effetti,
anche i cristiani credono che la risurrezione di Gesù sia un evento
unico che sta oltre i confini della ricerca storica, che non essendo
nemmeno ripetibile sfugge a qualsiasi verifica scientifica. La
risurrezione è accettata sulla base della fiducia in chi l’ha
testimoniata, e qui la fede gioca certamente un ruolo cruciale.
Tuttavia, nessuno credo voglia 'dimostrarla' storicamente.
Storicamente, possiamo invece ricostruire, o tentare di farlo, gli
effetti di tale (presunto?) evento, la vita e le parole di coloro che
l’hanno testimoniato e molte altre cose 'misurabili'.
Ad esempio,
senza entrare nel merito, possiamo considerare la trasformazione
radicale degli apostoli, la rapidissima diffusione del Cristianesimo
e il vuoto della tomba come elementi su cui riflettere. Non parlo di
'prove' o 'dimostrazioni', ma di elementi su cui ci si può
confrontare e su cui ognuno può dare, dalle diverse prospettive, la propria
spiegazione. I 'fatti' documentabili sono patrimonio di tutti, mentre
le interpretazioni e il credere o non credere sono troppo soggettivi
per trovare un accordo pieno. È come sovrapporre un cerchio e un
quadrato: entrambe le forme possono condividere dello spazio, ma non
completamente. Pretendere di cambiare la “forma”
dell’interlocutore è un’aspirazione assurda da qualsiasi parte
provenga. Certamente il cristianesimo richiede “fede”, che non
significa chiudere gli occhi all’evidenza, perché ripeto: quella
appartiene a tutti! Ma di ciò che è creduto per fede si possono
chiedere motivi, ragioni che spingono il credente a credere, ma non
prove, perché se ci fossero “prove” in senso scientifico sarebbe
semplicemente constatazione, e la fede perderebbe il suo ruolo.
Tornando all’affermazione
secondo cui “lo
storico non può nè
affermare né negare la risurrezione” , Sapiens
Sapiens sottolinea che
sta al credente l’onere della prova. Ma
che tipo di prova
vorrebbe, se ha appena
detto che non si può
affermare o negare storicamente? Immagino si riferisca a una certa
apologia, quella militante e fondamentalista (ricordiamo
però che c’è anche
una “militanza” di segno contrario),
che ritiene di affermare la propria fede come "provata",
dando per scontato che il proprio interlocutore accetti ciò che a
lui pare ovvio. A proposito, questo mio articolo secondo voi è
apologetico? E se sì, in che senso?
Credo che
un cristiano possa credere alla risurrezione e basare su questo
convincimento la propria vita, a patto che disponga di una certa dose
di fede (e ammesso che sappia cos'è) senza pretendere che per altri
sia lo stesso. L’onere della prova spetta a chi vuole convincere
gli altri; quella del cristiano è una prova interiore, che gli ha
cambiato la vita, e che può testimoniare e argomentare, ma che non
può "provare" in senso storico-scientifico. L’apologia
è un’arte nobile: significa "difendere" (davanti a chi
accusa) ma anche "esporre", argomentando le ragioni della
propria speranza. Quando sono i cristiani ad attaccare e pretendere,
allora sono d'accordo: sta a loro l’onere della "prova"
esterna e incontrovertibile. Che non c’è.
LA DIFFUSIONE DEL
CRISTIANESIMO
Sapiens Sapiens sostiene
che:
"Il
fatto che una religione si sia espansa velocemente e tanto non è
assolutamente un indice che quella religione sia vera... ciò può
avvenire per delle concomitanze storiche, sociali, economiche di
natura variegata…..Quel preciso contesto storico ha favorito quella
diffusione a quella velocità in quelle aree geografiche... Lo stesso
vale per l'Islam, lo stesso vale per i mormoni, lo stesso vale per le
religioni orientali".
Perchè
Sapiens Sapiens fa questa affermazione? La fa in risposta agli
apologeti cristiani che spesso utilizzano l'argomento della rapida
diffusione del Cristianesimo come “prova” della sua verità. Sul
concetto di “prova” mi sono già espresso, preferisco
“argomentazione”. Questo, a suo avviso, non è un argomento
valido perché la diffusione di una religione può essere spiegata da
fattori storici, sociali ed economici. Spiega
che la diffusione di una religione è spesso una questione di
contingenza storica e non di verità intrinseca delle sue dottrine.
Va separato il
successo sociale di una religione dalla sua validità teologica.

Ritengo che questa
separazione sia
corretta, le due cose vanno distinte, quanto poi siano anche
collegate tra loro è
una questione diversa, di prospettive come già detto. In ogni caso i
cristiani non si basano SOLO sulla sua diffusione, ma ANCHE sulla
testimonianza storica della vita, morte e resurrezione di Gesù
Cristo, e sulle esperienze spirituali dei credenti. Ci
si può concentrare su un elemento, e trovare corrispondenze anche
altrove (questo Sapiens Sapiens lo fa quando dice che i miracoli
avvengono anche in altre religioni, anche se non capisco perché non
dovrebbe essere: Dio fa piovere sui giusti e sugli ingiusti e lo
Spirito soffia dove vuole, dice il Nuovo Testamento), ma è l’intero
contesto delle argomentazioni che rendono credibile il cristianesimo
per chi lo ha accettato, sempre nella libertà di fare una scelta
diversa. Non
smetterò mai di sottolinearlo: gli “argomenti” dei cristiani non
sono clave che si impongono ma proposte
e testimonianze.
Riconoscere
che la diffusione di una religione può essere influenzata da fattori
storici (che in termini
teologici si chiama “provvidenza”)
non nega la possibilità che la religione possa contenere verità
spirituali. Il Cristianesimo si è diffuso anche grazie al messaggio
rivoluzionario di amore e speranza, che ha trovato riscontro in molte
persone dell'epoca. La diffusione rapida del Cristianesimo potrebbe
essere vista come un segno di supporto divino da
una prospettiva di fede (perché non dovrebbe, da
quel punto di vista?)
senza necessariamente
pretendere che un non credente veda le cose allo stesso modo, ma
come già detto non
è l'unico “argomento” a
sostegno della
credibilità. E qui vorrei sottolineare proprio il termine
“credibilità”, che è ben diverso da quello di “dimostrazione”.
La credibilità si basa
sulla fiducia nelle fonti, nelle testimonianze e nell'autorità di
chi fornisce l'informazione. Non richiede prove empiriche rigorose,
ma dipende dalla reputazione e dall'affidabilità percepita delle
fonti. La credibilità non garantisce certezza assoluta, ma
suggerisce che un'affermazione è plausibile o ragionevole. In
definitiva La
credibilità di una convinzione religiosa come quella cristiana si
fonda su una combinazione di testimonianze storiche, coerenza logica,
esperienze personali e riflessioni filosofiche. Questi elementi
rendono tali convinzioni soggettivamente plausibili e non violano i
principi della ragione. Il
che non rende
obbligatorio condividerle, ma nemmeno è
obbligatorio giudicare
i cristiani degli irragionevoli superstiziosi ponendoli
sullo stesso livello di chi si tocca i “cosidetti” al passaggio
di un gatto nero (recentemente ho sentito un paragone del genere, e
mi sono venuti i brividi). Vero,
Bart Ehrmann non è un ubriaco o uno che delira (dice
giustamente Sapiens Sapiens),
ma nemmeno i cristiani lo sono, anche se a leggere i commenti sotto
il suo video
molti lo pensano, e lo scrivono pure.
La teologia cristiana
ha una lunga tradizione di riflessione filosofica che esamina e
difende razionalmente le credenze della fede. Teologi e filosofi
cristiani hanno sviluppato argomentazioni complesse e profonde per
giustificare le loro credenze, contribuendo alla loro credibilità
(che significa, ripeto,
non dimostrabilità, ma che chi vi aderisce non è irragionevole).
Non ha proprio senso il paragone con la mera superstizione degna di
una farsa
napoletana.
Vorrei
dire qualcosa sulla domanda posta da Sapiens Sapiens al termine di
un racconto, che è la seguente:
“Perché
la vicenda di Gesù dovrebbe essere considerata vera e quella del
Baal Shem Tov falsa? “
L'argomentazione
proposta mette a confronto il racconto sul Baal Shem Tov (un maestro
ebreo vissuto nel XVIII
secolo, certamente
un personaggio notevole)
con i Vangeli, evidenziando il tempo trascorso tra gli eventi e la
loro narrazione.
Potete
conoscere la sua interessante figura grazie a Wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Ba%27al_Shem_Tov
Tuttavia,
ci sono diverse ragioni per cui questi due esempi non sono
direttamente comparabili. Intanto
I Vangeli furono
scritti in un contesto storico e culturale diverso da quello del Baal
Shem Tov. Il Cristianesimo emergente era sotto scrutinio sia dagli
ebrei che dai pagani, e i primi cristiani furono spesso perseguitati.

Questo contesto ha richiesto
una documentazione accurata e coerente per preservare la verità dei
loro insegnamenti e testimonianze. Inoltre molti degli autori o delle
fonti vicine agli autori erano contemporanei o prossimi ai testimoni
oculari, mentre il
racconto sul Baal Shem Tov è scritto dal genero del suo segretario,
una generazione successiva, e può includere una prospettiva più
idealizzata e meno critica dei fatti. La tradizione cristiana ha una
lunga storia di critica interna e studio esegetico. I Vangeli sono
stati esaminati, commentati e scrutinati da generazioni di studiosi,
sia cristiani che non, portando a una comprensione approfondita e
sfumata dei testi. La narrazione del Baal Shem Tov, per quanto
rispettata all'interno della sua tradizione, potrebbe non aver subito
lo stesso livello di esame critico e comparazione storica. La
questione non è necessariamente quella di considerare una storia
vera e l'altra falsa, ma di riconoscere che i criteri storici
utilizzati per esaminare i Vangeli sono più robusti e articolati
rispetto a quelli applicabili al racconto del Baal Shem Tov. La
tradizione cristiana ha sviluppato una critica interna che ha
affinato la comprensione dei testi, distinguendo tra elementi storici
e teologici. Questo processo continuo di esame e revisione non ha un
equivalente diretto nella tradizione del Baal Shem Tov, rendendo
difficile una comparazione diretta. Al
netto del fatto che nessuno afferma che Gesù sia stato l’unico
guaritore autorizzato o che i miracoli siano unico appannaggio della
tradizione ebraico-cristiana. Su questo ho già detto in precedenza.
Massimo
rispetto verso il maestro ebreo e il suo racconto, e infatti il
problema non è lui, ma è il fare paragoni a senso unico, rendendoli
perfettamente sovrapponibili, che mostrano solo gli elementi che
sostengono una tesi già pronta in partenza.
BART
EHRMAN
Bart Ehrman
è uno storico di fama, e questo è riconosciuto anche da don Manuel.
Tuttavia, don Manuel sottolinea che il libro di Ehrman "Gesù
divenne Dio" (oggetto della recensione) è scritto in un
registro divulgativo e non scientifico. Ehrman stesso ammette che il
libro riflette le sue convinzioni personali piuttosto che essere
un’opera scientifica rigorosa. Questa distinzione tra lavoro
accademico e opinioni personali è cruciale per comprendere il valore
delle argomentazioni nel libro.
Sapiens
Sapiens osserva che, pur essendo un libro divulgativo, quello di
Ehrman segue una logica che non necessita dell'apparato critico che
Ehrman utilizza nei suoi scritti più accademici. Nessuno, tantomeno
don Manuel, crede che le opinioni e le valutazioni personali di
Ehrman siano sciocche o improvvisate; è chiaro che siano motivate e
abbiano una logica. La distinzione tra divulgazione e ricerca
accademica rigorosa rimane comunque valida.
Mi
ha sorpreso, invece, il “colpo basso” (lo dico ironicamente, come
il suo sorrisino in video) aggiunto successivamente:
“Don
Manuel si aspetta che il libro di Barth Ehrman sia un libro
scientifico? Ma forse farebbe bene ad aspettarselo dal suo libro di
riferimento che è la Bibbia”
Questa
osservazione, seppur spiritosa, ignora una distinzione fondamentale
tra la Bibbia e le opere di studiosi come Ehrman. La Bibbia non è un
testo scientifico e non pretende di esserlo. È una raccolta di
scritti religiosi, storici, poetici e sapienziali, la cui finalità è
spirituale, teologica e morale. Le Scritture offrono insegnamenti
religiosi e valori etici, e non sono destinate a essere valutate con
gli stessi criteri delle opere scientifiche o storiche moderne. Al
contrario, il libro di Ehrman, anche se divulgativo, si posiziona nel
campo della ricerca storica e accademica. Ehrman applica metodi
critici per analizzare la storia del cristianesimo e i testi biblici,
cercando di comprendere e spiegare i fatti storici basandosi su
evidenze e ragionamenti logici. Pertanto, non è questione di
aspettarsi che la Bibbia sia scientifica, ma di riconoscere la natura
e lo scopo differenti dei due tipi di opere.
E’ anche
importante ricordare che ci sono studiosi che lo hanno criticato e
hanno espresso idee diverse da quelle di Ehrman (sorte, a dire il
vero, che tocca a ogni studioso, ma questa è cosa positiva). Le
discrepanze nei racconti della risurrezione, ad esempio, possono
essere spiegate attraverso prospettive diverse e dettagli
complementari, piuttosto che essere considerate errori o
manipolazioni intenzionali. Gli studiosi che rispondono a Ehrman
spesso argomentano che le somiglianze tra i racconti evangelici e i
miti pagani sono superficiali e non sufficientemente profonde da
indicare una diretta influenza. Molti vedono queste somiglianze come
esempi di archetipi narrativi comuni piuttosto che di plagi. Inoltre,
la specificità della risurrezione e degli insegnamenti di Gesù è
considerata unica e distintiva.
Con questo
non voglio delegittimare Ehrman, a cui non sono degno nemmeno di
slacciare un sandalo , ma semplicemente dire che il suo è pur sempre
un punto di vista, che è criticabile anche da suoi colleghi pari
grado, e che alla fine (è questo è il punto) lo si può leggere
senza perdere la fede (a patto se ne abbia una, anche di seconda
mano), affermazione su cui concordano sia don Manuel che Sapiens
Sapiens, anche se per motivi diversi.
CONCLUSIONE
Credo che
entrambi i contributi, quello di don Manuel e quello di Sapiens
Sapiens, siano importanti, soprattutto se considerati insieme. Essi
ci permettono di comprendere le diverse prospettive e di accettare la
diversità, a volte irriducibile, dei nostri interlocutori, se
l’obiettivo è capire e non polemizzare. Il dialogo è sempre
possibile, poiché non significa necessariamente giungere alle stesse
conclusioni: non sono gli argomenti a dialogare, ma le persone,
attraverso il modo, il tono e il rispetto con cui si trattano.
Per quanto
riguarda me, so perfettamente di essere intervenuto senza invito e
dalla mia prospettiva in questo dibattito. L’ho fatto sia perché
sollecitato, sia perché (lo ammetto) ho un forte interesse per
questi argomenti e ci tenevo a esprimere la mia opinione. Avrò
convinto qualcuno? Spero di no! Ma ne sono certo. Sarò stato
compreso riguardo alle intenzioni e ai contenuti di questo mio
scritto? Questo sarebbe un bel risultato.
“È questo un fatto
mistico e straordinario che nessuno conosce se non chi lo riceve. Lo
riceve solo chi lo desidera, non lo desidera se non colui che viene
infiammato dal fuoco dello Spirito Santo… Se poi vuoi sapere come
avvenga tutto ciò, interroga la grazia, non la scienza, il desiderio
non l’intelletto, il sospiro della preghiera non la brama del
leggere, lo sposo non il maestro, Dio non l’uomo, la caligine non
la chiarezza, non la luce ma il fuoco che infiamma tutto l’essere e
lo inabissa in Dio...”
Dall’opuscolo «Itinerario
della mente a Dio» di san Bonaventura, vescovo
(Cap. 7, 1. 2. 4. 6; Opera
omnia, 5, 312-313)
I 2 video causa di questo
commento:
Il video di
don Manuel (Scherzi da Prete)
https://www.youtube.com/watch?v=cgGm5sBjpxU
Il video di
Sapiens Sapiens
https://www.youtube.com/watch?v=v1bklCK-d2E&t=966s
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Grazie
dell’attenzione
Mentalmente
Liberi